I suoi antenati non erano infatti provvisti di un collo così sproporzionato, ma la selezione naturale che agisce su tutti gli organismi viventi ha operato in modo tale da renderla così diversa dalla maggior parte degli altri animali.
Il motore della selezione, come spesso accade, è stato la ricerca del cibo: la giraffa si nutre preferibilmente di foglie di acacia e mimosa, come molti altri erbivori che condividono lo stesso habitat, l’Africa sudsahariana.
La disponibilità di cibo in una zona così arida è spesso scarsa e funge da limite allo sviluppo della popolazione.
Poiché gli animali non hanno la possibilità di arrampicarsi sugli alberi (… o prendere una scala!!!), sono costretti a nutrirsi del fogliame che sta “a portata di bocca”.
Se tutti fossero alti uguali, in poco tempo divorerebbero le foglie lasciando spoglia tutta una fascia dell’albero, in genere quella più bassa, e si troverebbero in seguito in ristrettezze di cibo, pur essendoci ancora parti verdi sulle chiome più elevate.
Nel tempo, gli esemplari di giraffa che possedevano il collo un po’ più lungo degli altri, sono stati premiati: quand’anche le foglie basse erano finite e gli altri animali morivano di fame, loro potevano continuare a nutrirsi e sopravvivere.
Così quella che all’inizio era solo la caratteristica di un individuo, si è trasformata nella peculiarità della specie, divenendo geneticamente ereditabile e quindi trasmissibile alla prole.